Le dominazioni barbariche 1

                                    di Letizia Tessicini  (2/12/2004)

Ogni storico, nel momento di parlare della sua terra, tende sempre ad esaltarne le vicende. Pur sempre rimanendo sul fondo storico.

E così, malgrado tutto, sappiamo per certo che Orte non poté mai essere presa con la forza dacché finì l’impero romano.

 

Quando Totila, sconfitto Giustiniano, prese a marciare verso il Lazio, dovette senza dubbio apprezzare l’importante posizione della rocca di Orte. Tentò quindi di impadronirsene, ma dovette desistere vista la sua incredibile capacità di difesa.

La città cadde in sue mani per alcuni anni tempo dopo, ma non a seguito di un fatto d’arme, e la dominazione dei Goti durò finché Belisario non cacciò i barbari da Orte.

 

Quando Narsete successe a Belisario nel comando degli eserciti imperiali, venendo a scontrarsi con Costantinopoli, decise di non opporsi con i suoi uomini alla discesa dei Longobardi del re Alboino.

Nella sua avanzata verso Roma Alboino riuscì a conquistare molte e importanti città, ma venne respinto da Orte, e l’impresa nemmeno riuscì al successore Clefi.

Più volte i Longobardi dovettero attaccare la città, ogni volta furono respinti, animati anche dalle preghiere del papa Gregorio Magno che incitavano alla resistenza e alla fedeltà all’Imperatore e all’Esarca di Ravenna, Romano. E Orte svolse con valore la sua parte di fedele suddita del papa e dell’Imperatore, resistendo finché i disagi dell’assedio non  la obbligarono a vendere la sua libertà per fame.

Infine l’Esarca Romano mosse a liberare l’Italia centrale e dopo aver ripreso Todi, Sutri, Amelia e Perugia, prese anche Orte, che tornò parte del Ducato Romano.

Nello stesso tempo però l’Esarca, giudicando il Vescovo di Orte Blando, colpevole di troppa arrendevolezza nel corso dell’assedio, l’arrestò e lo portò prigioniero a Ravenna. L’Ughelli, nella sua opera Italia Sacra, narra che in questo periodo Orte subì una grande afflizione per l’assenza del suo vescovo e che i bambini morenti non potevano ricevere il battesimo. Il pontefice allora, comprendendo il disagio della città, peraltro fedelissima, ottenne dall’Esarca la liberazione del Vescovo Blando, che poté tornare in Orte.

 

Nel 726 d.C., il Ducato Romano si ribellò all’Imperatore Leone, il quale stava conducendo una lotta iconoclasta in tutti i suoi domini (l’iconoclastia è la guerra contro le immagini; si tentava di eliminare dai luoghi di culto ogni immagine di divinità, distruggendole. A causa di questa corrente ingenti opere d’arte medievale andarono irreversibilmente perdute ed altre subirono gravi danni).

A governare il territorio del Ducato fu scelta la Santa Sede.

 

Nell’anno 734, appena eletto papa Gregorio III, il re longobardo Liutprando, offeso per l’ospitalità che il pontefice offriva al ribelle Duca di Spoleto Trasmundo, cinse d’assedio l’Urbe. Nello stesso tempo i Longobardi tornarono ad occupare Blera, Bomarzo e Amelia, Orte cinta d’assedio dovette di nuovo cedere per fame.

Il papa Zaccaria I, appena assunto al soglio papale, si adoperò immediatamente a recuperare le città perdute partendo di persona da Roma assieme alla sua corte per incontrare in Terni il re Liutprando.

Il Senato che reggeva Orte inviò 300 giovani atti alle armi scelti tra le più nobili famiglie, perché incontrassero il pontefice a Nepi e lo accompagnassero poi nel suo viaggio.

Giunto che fu Zaccaria I ad Orte, gli si fecero incontro il Vescovo, il Capitolo, il clero, tutta la nobiltà e parecchio popolo. Nella città il papa incontrò anche il nipote di Liutprando, come preambolo della successiva riappacificazione di Terni.

Nell’855 salito alla cattedra di Pietro il papa Benedetto III, il bibliotecario Anastasio, sul quale già pendeva un anatema, venne cacciato da Roma. Rifugiatosi questo in Orte, riuscì ad accattivarsi a tal punto il favore della cittadinanza da poter quasi regnare come signore; quindi suo zio Arsenio riuscì ad attirare facoltosi signori dalla sua parte e in un conciliabolo segreto, svoltosi in Orte, Anastasio venne eletto antipapa. Il vescovo Stefano, della diocesi di Orte, oppostosi all’elezione di Anastasio, venne deposto e al suo posto venne eletto Arsenio, elezione che poi, morto Stefano e tornata la pace nella Santa Sede, venne confermata da Niccolò I.

 

Nel 925 le coste italiane vennero invase dai Saraceni, che subito vollero volgersi verso la Città Santa. Il papa Giovanni X elesse allora comandante dell’esercito suo nipote Alberico, già marchese di Camerino e ottimate di Roma.

Il marchese immediatamente sconfisse i Saraceni presso il Garigliano ed ebbe come ricompensa la signoria su Orte. Evidentemente non contento di questo dono, scontratosi con gli altri ottimati, richiamò indietro i Saraceni.

Allora Alberto, duce di Spoleto, venne in soccorso del pontefice ricacciando indietro i Saraceni. Quindi strinse d’assedio Orte, dove Alberico si era rifugiato assieme ai suoi. Dopo pochi giorni di assedio gli Ortani stessi, venendo a mancare i viveri e scontenti del loro signore, aprirono le porte della città consegnando Alberico alle milizie pontificie. Il marchese di Camerino fu quindi trucidato e gettato nel Tevere.

 

Dal 1005 al 1027 Orte è retta dal conte Guinizzone, ma non si hanno ingenti fatti, o semplicemente non furono riportati dagli storici.

Per tutto il secolo XII ad Orte si ha la menzione di soli due vescovi, è probabile quindi che la città ebbe parte nelle rivoluzioni di popolo da cui nacquero i Comuni.

 

Quando nel 1298 il papa Bonifacio VIII chiamò a raccolta i fedeli contro i Colonna e gli Sciarpa promettendo in ricompensa l’indulto, il Senato di Orte decise di mandare al papa 300 giovani guidati dal comandante Pirro Triusefora. Le armate vennero a battaglia presso Soriano del Cimino e, a causa della forte disuguaglianza delle forze in campo, solo 20 dei nostri cittadini ebbero salva la vita.

 

Lodovico il Bavaro, eletto re d’Italia nel 1324 a Milano, volle scendere a Roma e deporre il papa Giovanni XXII. Fu creato antipapa Pietro di Corbiere, il quale immediatamente creò imperatore Lodovico.

Le truppe napoletane guidate da Giovanni d’Angiò intanto ordirono contro l’imperatore, costringendolo a fuggire da Roma. Ma dopo questo fatto l’Angiò venne perseguitato dai Colonna e dovette rifugiarsi in Orte, dove venne accolto con grande favore, avendo nella città dei parenti.

Fu proprio Giovanni d’Angiò che, essendo principe d’Arcadia in Grecia e quindi devoto fervente di S. Egidio, ottenne dal Vescovo che il santo venisse eletto come patrono di Orte, ergendo in suo onore un altare nella chiesa di Santa Croce.