I fenomeni misteriosi del lago Vadimòne

                                              di Letizia Tessicini  (25/12/2004)

Fenomeni misteriosi del lago Vadimone
 

Da sempre circolano voci di varia natura circa il nostro misterioso laghetto. Si diceva fosse profondissimo e avesse vortici così forti da trascinare sott’acqua ogni cosa vi si gettasse dentro, che ribollisse aumentando il volume delle sue acque.

 

Ancora Orfeo Marchese scrive nel suo poema:

 

Normalmente appare tranquillo tanto che le sue onde sembrano dire pace; per questo nessuno vi entra a nuotare. L’acqua chiara come cristallo ha sapore di zolfo e pare amara.

 

Sempre il poeta testimonia di averne misurato la profondità, ma di non voler dire nulla poiché sott’acqua non si vede, e che alcune volte il livello delle acque sale improvvisamente per via di eruzioni di acqua tinta da cenere o rosseggiante come se quella fosse la bocca dell’inferno.

Per via di queste “voci” la gente si è sempre tenuta ben lontana dal lago, temendo qualche disgrazia. Tuttavia durante la seconda guerra mondiale, alcuni soldati delle truppe tedesche, probabilmente ignari delle leggende, misurarono il lago riportando un diametro di 75 m. e una profondità di 17 m.

 

Negli anni novanta la sede di Orte dell’Archeoclub Italiano, con la collaborazione del Gruppo G.E.N.Te (Gruppo Ecologico Natura e Territorio), ha effettuato nuove ricerche e uno studio più approfondito del lago stesso.

E’ stata effettuata un’analisi biologica del lago, prendendo campioni in superficie e sul fondo, un’indagine barometrica con rilevamento del fondale con ecoscandaglio grafico.

Le ricerche hanno stabilito una profondità che va da 1,50 a 3,50 metri e solo in un punto il fondo più solido si trova a 34 m. di profondità.

Il lago, che presenta tutt’oggi una forma quasi perfettamente circolare, può essere diviso in corone:

1)     una corona più esterna con profondità massima di due metri;

2)     una seconda con vegetazione sommersa e una profondità di circa tre metri:

3)     una parte centrale senza vegetazione, completamente fangosa, costellata di crateri da cui sgorga acqua a circa 20°C.

Lo scandaglio del fondo ha poi permesso rilevato la presenza di frammenti di legno forse carbonizzato e ciottoli di pietra pomice.

Non stupisce, il lago è di origine vulcanica come tutto il territorio circostante, che di tanto in tanto esso gorgogli per i gas che risalgono in superficie, la vicinanza del Monte Cimino, che in età assai antiche fu un vulcano molto attivo, basta a spiegarne il fenomeno.

Le fonti testimoniano persino delle eruzioni, alcune addirittura in età contemporanea, durante le quali il lago ha allagato i campi intorno e rigettato tronchi d’albero carbonizzati e lapilli. Una di queste eruzioni ci è testimoniata dal Leoncini: «…l’8 aprile 1590 di domenica dopo il vespro fece il lago un grandissimo scoppio e rumoroso e nell’istante l’acqua salì alta più di una picca (4 metri circa) ed è quasi ritornato alla forma di prima col lasciar bagnate quelle terre vicine al lago come cenere e sopra abbonda l’acqua per il cajo che impediva di potervi passare a piedi asciutti e le mole che vi sono sarebbero atte a macinare se le forme delle medesime col decorrere del tempo non si fossero riempite di terra…»  e ancora: «…l’11 aprile 1591 domenica delle Palme, circa le ore 22 il Tevere si intorbidò essendo chiaro di cenere per l’inondazione di detto lago le cui acque sovrabbondarono. Il 28 aprile venerdì, di nuovo il lago risorse e fece uno scoppio grande e andò alto più di una picca, dilatò più che non era».

 

Le ultime eruzioni sono quelle avvenute nel 1907 e nel 1917, e anche i giornali dell’epoca ne fecero menzione. Venturino Sabatini venne inviato ad Orte dal Regio Comitato Geologico per fare delle relazioni di questi fenomeni.

Risulta da queste relazioni che ad intervalli di mesi, a volte di anni, il fondo si sollevava fino a formare un conetto di fango alto 2 o 3 metri, a questa altezza si crepava sul vertice creando un getto fangoso e nerastro di un paio di metri di altezza. Dopo alcune ore il fenomeno si interrompe ed il tutto ritorna sott’acqua. Ma mentre alcuni coni tornano nell’acqua, altri se ne formano ed eruttano.

Altre volte il fenomeno era più intenso. Nel 1884 durò due giorni, avendo inizio con un boato che venne udito fino alla città di Giove, il getto raggiunse i tre metri e mezzo, solo il terzo giorno il fenomeno si attenuò ma l’acqua continuò a sgorgare per tre mesi.

Nelle relazioni sono raccolte anche alcune testimonianze, come quella di un contadino che, incuriosito, tento di conficcare un palo in una di queste polle, ma ogni volta dovette allontanarsi poiché l’oggetto veniva respinto con forza, quando non addirittura lanciato via, oppure di un esperimento compiuto con un sasso legato ad una cordicella che riuscì a raggiungere una profondità di 50 metri senza toccare fondo.

 

In particolare incuriosiscono delle strane coincidenze: due giorni dopo il terremoto di Arezzo, cioè il 28 aprile 1917, lo stagno si estese oltre le sue rive e dalla superficie presero a salire colonne di acqua fangosa, due delle quali raggiunsero l’altezza di un uomo adulto e 40 centimetri di diametro circa. Da questi getti più alti venivano lanciate in aria pietre e ligniti carbonizzate, molto pesanti (alcune raggiunsero i 50 kg), che ricadevano a molti metri dalla riva mentre l’acqua limacciosa allagava i campi.

Il fenomeno, che si era attenuato nei giorni successivi, riprese con violenza due giorni prima del terremoto di Terni, a 16 giorni da quello di Arezzo.

E’ noto da studi geologici che l’attività tettonica è legata al regime delle sorgenti della zona colpita e di quelle adiacenti, ma la natura dei fenomeni del Vadimone sono di natura prettamente vulcanica.